Abraxas e Bafometto

La “pistola fumante” dell’eresia templare

Guido Araldo 20/10/2024
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Una raffigurazione di Abraxas sul suo carro con lo scudo

I Neoplatonici amavano un’allegoria che Lógos Ethos e Pathos raffigurava. La chiamarono Abraxas divino: testa di gallo rivolta al sole mattutino a cogliere i raggi del Lógos eleusino; gambe di serpente dall’Ethos Mater Tellus generato. Sintesi gnostica del Pathos illibato su carro da cavalli platonici trainato. Il sole a sinistra, la luna a destra; Abraxas la Conoscenza al centro. 
La ruota cosmica sul cocchio del sole scolpita.
Quando l’esalfa sembrò scomparso: deprecato, scomunicato; tutto allora parve perduto: la Gnosi smarrita, la Conoscenza gnostica mortalmente ferita. Sophia, la sapienza gnostica scomparsa. Si ricorse allora alla raffigurazione di una divinità gnostica: Abraxas! Testa di gallo rivolta verso il sole nascente. Il Lógos che illumina e si espande, come il sole all’alba. Il canto del gallo annuncia il destarsi dell’astro che è vita simbolo di rinascita come l’aurora rinasce il giorno dopo le prolungate tenebre della notte. 
Le gambe di serpente ctonio e gnostico emergente dal cuore palpitante dell’Ethos: Mater Tellus. 
È lui, Abraxas, il Pathos! 
Attorno sette stelle: i sette cieli generato dalla divina ragione regolante il mondo e l’universo1 l’intelligenza cosmica di Pitagora: la Nous ovvero Dio. Le due lettere Alpha  e Omega : prima e ultima lettera dell’alfabeto greco, l’inizio e la fine che non ha mai fine: il cerchio dell’Uroboro. Sator Arepo Signore del Tempo che tutto divora: le ore le stagioni i secoli le ere. Il Panta Rhei di Eraclito dall’immenso fluire in compagnia delle galassie. 
Abraxas collegamento tra il cielo e la terra, tra il Dio supremo Arepo e Madre Terra palpitante: l’Ethos. Il Pathos: Essere divino benefico e benevolo che non vive sull’Olimpo e neppure nell’Empireo e tanto meno negli Inferi. In epoca imperiale romana il soccorritore nel momento del bisogno. Abraxas manifestazione dell’esalfa. 
Il suo carro porta al Tempio di Apollo a Delfi, sul cui frontone stava scritto:nosce te ipsum affinché, conoscendo sé stessi, si possa incontrare il proprio Dáimōn.
Abraxás inciso tanto su pietre e gemme di talismani magici, quanto nei testi sacri agli albori del cristianesimo. 
Nell’Apocalisse di Abramo il demiurgo superiore creatore dell’universo su incarico del Dio supremo, opposto al demiurgo inferiore forgiatore della materia. A lui, intermediario di Dio, in età tardoimperiale si rivolgevano suppliche e preghiere.
L’humus popolare lo identificava come un’entità benefica sintesi dell’energia cosmica e ctonia: intermediario tra il cielo e la terra, il fiore al centro dell’esalfa! 
Il grande scudo che impugna lo rendeva supremo dio protettivo. Le sette stelle che lo attorniano lo configuravano Sator Arepo cosmico dei Mysteria greci: dimorante sopra i Sette Cieli.
Diverse testimonianze attestano una fioritura esoterica e gnostica in Francia nella seconda metà del 1200, favorita dai Templari. L’imperatore Federico II di Svevia, stupor mundi, non era passato invano. Una fioritura che porto allo scontra il Regno di Francia e il Papato, nel momento in cui sul trono di Francia sedeva Filippo IV detto il Bello: il primo re moderno tendente a costituire uno stato nazionale, e sul soglio di Pietro a Roma sedeva Bonifacio VIII, tra i massimi pontefici teocrati della Storia: padrone del mondo. La fioritura del neopitagorismo di Abraxas presso i Templari è attestato dal loro sigillo più importante: il Secretum Templi al cui interno c’è Abraxas. Ecco la pistola fumante della loro eresia!
Secoli prima, con Teodosio imperatore e Ambrogio vescovo di Milano, tutto sembrò perduto: la poesia dell’esalfa dissolta; ma nel Medioevo la fiammella, sotto cenere sopita, si ravvivata. Nei secoli bui l’esalfa non andò perduto. Ci fu chi gelosamente lo custodì. 
Di tutto questo ne sono preziosa testimonianza non solo il sigillo Secretum Templi, ma anche altri sigilli estranei ai Templari.
In merito ai Templari, in base ai documenti noti, il primo sigillo non con la raffigurazione di Abraxas e la scritta Segreto del Tempio, risale a un documento del 1171 firmato da Geoffroy Foucher: precettore in Francia e visitatore cismarino. Inequivocabilmente tra i più importanti ufficiali templari. 
Da allora, altri sigilli templari a Parigi tra il 1175 e il 1235 riportano la dicitura Secretum Templi con Abraxas al centro.
Il Precettore di Francia André de Cahors nel 1214 definì il sigillo “Secretum Templi” gemma gnostica, ponendolo in calce a un documento che autorizzava la vendita, senza permesso del re, di un grande bosco posseduto dal Tempio tra Senlis e Verneuil.
Il templare Aimard, il primo cavaliere noto come Tesoriere del Tempio a Parigi dal 1220 al 1227, responsabile anche delle finanze del re, utilizzò il sigillo Secretum Templi con Abraxas a partire dal mese di settembre del 1222. 
Ma i Templari gnostici lo erano da tempo! 
Quando nell’abbazia di Clairvaux, cuore del Tempio, il 25 maggio 1185 morì il terzo gran maestro templare Everard des Barres, accanto al suo letto fu rinvenuto il “liber XXIV philosophorum». Testo esoterico attribuito a Ermete Trismegisto. Nelle ultime ore della sua vita, l’anziano sovrano maestro non più reggente lo andava consultando e commentando. 
In questo libro erano elencate 24 definizioni di Dio descritte in un simposio di 24 teologi, che a turno esponevano le proprie tesi. 
Dio è monade che procede da sé e a sé ritorna. 
Dio è simile a una sfera infinita il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo. 
Dio è ciò di cui non si può pensare di migliore e completo.
Dio è principio senza principio. 
Dio è colui che si conosce soltanto con l’ignoranza. 
Definizioni fatte proprie dalla “scuola di Reims” gestita, quando ne era arcivescovo, da Gerberto che divenne papa Silvestro II e si diceva che avesse fatto un patto con il diavolo. 
Secondo lo storico belga Paul de Saint Hilaire almeno un decimo dei simboli pervenutici dai Templari derivandola fonti gnostiche cristiane, in gran parte desunte da simbologie dell’antichità classica. 
Così Hermann Hesse: «L’uccello lotta per uscire dall’uovo. L’uovo è il mondo. Per nascere devi distruggere un mondo. L’uccello vola a Dio. Il nome del Dio è Abraxas.»
Per Carl Gustav Jung Abraxas è il Dio supremo.
Per il popolino superstizioso e ignorante, da Abraxas deriva la parola abracadabra.
Allora perché il Bafometto e non Abraxas? 
Il grande accusatore dei Templari Guglielmo di Nogaret, giudice e cancelliere del re di Francia Filippo il Bello, nella sua ultima arringa non mostrò il sigillo “Secretum Templi” che definitivamente inchiodava i cavalieri dai bianchi mantelli come eretici. Preferì citare il Bafometto.
“I frati della milizia del Tempio son lupi nascosti sotto aspetto d’agnello. Sotto il sacro abito dell’ordine, con cappucci sul capo, insultano in modo sciagurato la religione della nostra fede. Questi infami, che si atteggiano a nobili cavalieri, sono accusati di rinnegare Cristo, di sputare sulla croce, di lasciarsi andare ad atti osceni al momento dell’ammissione all’ordine. Tale è la loro perversione che assecondano i più bestiali istinti, propensi a concedersi l’un all’altro per rinsaldare la fratellanza, senza timore di contravvenire alle più elementari leggi umane. Adorano inoltre un idolo dal volto baffuto, noto come il Baphômet, per gli enormi baffi”.
Guglielmo di Nogaret aveva tra le mani “la pistola fumante” dell’eresia templare.
Perché non la usò? 
Alla corte del re di Francia prosperava un corrente gnostica alla quale probabilmente lo stesso re Filippo IV era partecipe. 
La corrente gnostica che lo aveva ispirato e appoggiato nella drammatica e aspra controversia con il dogmatico e teocratico papa Bonifacio VIII. 
È noto che lo stesso re Luigi VII morto nel 1180, primo marito di Eleonora d’Aquitania e grande amico dei Templari, usava il sigillo con Abraxas in calce a documenti regali.
Abraxas con la scritta Sigillum Secretum era usato anche da Margherita II contessa di Fiandra, moglie di Giovanni I duca di Lorena, Brabante e Limburgo (1253 – 1294).
Persino alcuni alti prelati non erano estranei all’uso di sigilli con Abraxas: tra questi Rotrou arcivescovo di Rouen nel 1175 e l’inglese Seffried vescovo di Chichester. 
No! Guglielmo di Nogaret, pure lui appartenente alla corrente gnostica neoplatonico, per gli schiaffi che rifilò ad Anagni a papa Bonifacio VIII, non si sarebbe mai permesso di sollevare un enorme polverone tirando in ballo Abraxas. 
Ripiegò sul misterioso Bafometto, sapendo che papa Clemente V avrebbe inteso e compreso.
Da tempo in Francia erano diffuse antiche leggende bretoni, nelle quali il Baphömet figurava come un mago potentissimo, simile a Merlino, dotato di poteri occulti. In Normandia il dio Laki, malvagio nelle leggende norrene, aveva grandi baffi. 
Tuttora in Val Susa si è soliti definire “bafumet” un bambino particolarmente vivace o birichino. Sulla Langhe e nel Monregalese sono chiamati “bafumet” i mulinelli che si generano d’estate nei campi e nei prati, nelle ore più calde. Attestazioni contemporanee attestanti quanto fosse radicato il Baphömet nella cultura popolare non solo francese.
Nell’Ottocento il Bafometto fu vittima di farneticazioni demenziali e ridotto a idolo satanista, per la felicità di insulsi idioti. Così la raffigurò Eliphas Lévi, e non vale la pena di sprecare un commento. 

 

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AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
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