Quattro mamme, tutte di coppie omogenitoriali, hanno registrato la propria genitorialità a Torino, con tanto di firma del sindaco, Stefano Lo Russo.
«Grazie alla sentenza in merito della Corte costituzionale, questo diritto potrà essere garantito ora andando in qualsiasi sede dell'anagrafe» ha detto in riferimento a una pronuncia della Corte dello scorso 22 maggio, che ha dichiarato incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da procreazione medicalmente assistita legittimamente praticata all'estero.
«È una notizia bellissima - ha sottolineato Lo Russo -, anche perché il riconoscimento in questo modo non è più discrezionale, ma resta l'amaro politico. È dovuta intervenire la Corte costituzionale, perché non lo ha fatto il Parlamento. Speriamo che ciò stimoli il Parlamento a legiferare. Il riconoscimento serve a garantire che entrambe le mamme abbiano gli stessi diritti e doveri e che i bimbi abbiano gli stessi diritti degli altri. Non è un mistero poi che la nostra amministrazione vorrebbe il matrimonio egualitario. Questo è del riconoscimento un punto intermedio, dopo un percorso lungo, faticoso, in punta di diritto».
Davanti al sindaco si sono presentate le quattro coppie di mamme, due con bimbi in braccio, accompagnate da in molte dai nonni.
«La sentenza della Corte costituzionale, permette anche ai funzionari di firmare i riconoscimenti per le mamme intenzionali, con una delega quindi permanente da parte del sindaco. Finora questa era l'unica fattispecie non delegabile.
Oggi firmo io, ma non sarà più necessario» ha sottolineato Lo Russo. Il modulo in questione è il consueto 'Riconoscimento di filiazione', in cui la mamma riconosce un bambino già riconosciuto, in questo caso, dall'altra mamma, quella biologica. «La Corte costituzionale così garantisce i valori di uguaglianza, è una questione di grande civiltà. Il Parlamento adesso vada oltre» ha detto il sindaco, che ha ricordato come l'attuale assessora Chiara Foglietta sia stata «la prima ad ottenere di poter riconoscere il proprio figlio a Torino nel 2018. In questo voglio ricordare l'allora direttrice della Città, Anna Tornoni, che per prima registrò un atto del genere e consentì così alla mia predecessora, Chiara Appendino, di decidere questo riconoscimento».
«La nostra storia è lunga, inizia dai banchi di scuola. A gennaio è nato nostro figlio, dopo l'eterologa in Spagna, e avevamo avviato l'adozione. Poi è arrivata questa sentenza della Corte costituzionale e la nostra avvocata ci ha consigliato di cambiare procedura». A raccontarlo è Serena Villani, mentre il loro piccolo figlio è in braccio alla compagna, Francesca Isernia, dopo che il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, ha firmato il riconoscimento per quella che viene definita la mamma intenzionale.
Lo consente la sentenza della Corte costituzionale dello scorso 22 maggio, che ha dichiarato incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da procreazione medicalmente assistita legittimamente praticata all'estero.
«Lui ha solo sei mesi - dicono del piccolo - ma i primi problemi senza riconoscimento li abbiamo già incontrati. Un esempio? Per le vaccinazioni in ospedale posso andare solo io - dice Villani - perché è come ci fosse un genitore solo. Questa sentenza è per il futuro di tutti i bambini che arriveranno, per non avere bimbi di serie A e di serie B».
Chiara Romei e Alice Baldacci sono un'altra delle quattro coppie di mamme che si sono viste firmare oggi dal sindaco la richiesta di riconoscimento. «Noi siamo al secondo figlio - raccontano - e ha un anno e un mese. Per la prima, che adesso ha quasi quattro anni - ci aveva firmato il riconoscimento l'ex sindaca, Chiara Appendino, come coppia eterosessuale. È difficile, anche dal punto di vista psicologico: la preoccupazione è tutelare i figli, perché fino ad oggi noi avevamo due fratellini con diritti diversi tra loro. Abbiamo fatto l'eterologa in Spagna, con lo stesso donatore, quindi sono fratelli a tutti gli effetti, ma non per la legge. È difficile anche andare dal pediatra, oppure, come nel caso del secondo parto, che è stato complicato, le varie pratiche erano comunque in carico a chi già non stava bene».