«Se viene presentato un esposto dobbiamo indagare, non perché ci piace, ma perché esiste l'obbligo dell'azione penale. E dobbiamo indagare applicando le norme che ci sono adesso, non quelle di cinquant'anni fa». Lo ha detto Emilio Gatti, che insieme al collega Ciro Santoriello sostiene l'accusa al processo - cominciato ad Alessandria - a tre ex brigatisti rossi per i fatti della Cascina Spiotta.
Il magistrato ha replicato così all'intervento di uno dei difensori, l'avvocato Davide Steccanella, legale dell'imputato Lauro Azzolini, che ha chiesto, fra l'altro, di annullare il decreto di rinvio a giudizio, denunciando quelle che a suo avviso sono numerose irregolarità procedurali. «È un obbrobrio giuridico che fa accapponare la pelle - ha affermato il difensore - contestare nel capo d'accusa, anche se soltanto a fini procedurali, l'aggravante della finalità di terrorismo, che nel 1975 non era prevista».
Steccanella ha poi ribadito che Azzolini fu già scagionato in istruttoria nel 1987. «Ci dicono - ha osservato - che quella sentenza è andata perduta. E adesso mi chiedo come è stato possibile riaprire un caso revocando una sentenza che non c'è».
«Sulla questione dell'aggravante del terrorismo - ha ribattuto Santoriello - se ha ragione l'avvocato, dobbiamo far rifare l'università a tutti i giudici della Cassazione che si sono già pronunciati. Sperando che trovino professori più buoni di lui».