(Adnkronos) - La Fondazione Pro (Prevenzione e ricerca in oncologia), in occasione del 'Movember' - la campagna internazionale sulla prevenzione al maschile - richiama l'attenzione sulla scarsa adesione degli uomini italiani alla prevenzione urologica. "Per ogni uomo che fa prevenzione, 30 donne la fanno regolarmente - spiega Vincenzo Mirone, urologo, presidente della Fondazione Pro e responsabile dell'Ufficio pazienti della Società italiana di urologia - Il maschio non fa prevenzione per paura di scoprirsi 'sesso debole'. Serve un cambio culturale: in Italia solo il 23% della popolazione si definisce realmente proattiva verso la prevenzione".
Il tumore della prostata rappresenta la neoplasia più frequente negli uomini, con 40.192 nuovi casi stimati nel 2024 e una sopravvivenza a 5 anni del 92%, grazie alla diagnosi precoce. Inoltre, circa 485mila uomini convivono attualmente con una diagnosi di tumore prostatico. A livello mondiale, i nuovi casi sono destinati a raddoppiare entro il 2040. Secondo Mirone, "il percorso corretto di prevenzione prevede visita urologica, dosaggio di Psa e testosterone, ecografia prostatica transrettale, con eventuale ricorso a risonanza multiparametrica e biopsia quando indicato". Avverte lo specialista: "C'è un grande equivoco attorno al Psa. Il dosaggio del Psa, da solo, non basta a fare diagnosi di tumore alla prostata. Si tratta di una proteina prodotta normalmente dalla ghiandola e il suo valore può aumentare anche per fenomeni non oncologici come infiammazione o ipertrofia prostatica benigna. E' un indicatore dell'attività dell'organo, non un marcatore tumorale".
"Il fattore di rischio più importante è la familiarità - sottolinea Mirone - Una semplice domanda in famiglia può aprire scenari fondamentali di prevenzione. Chi ha un fratello con tumore alla prostata ha un rischio del 30% di ammalarsi entro i 75 anni, contro il 13% della popolazione generale. Il rischio cresce fino al 48% per chi ha due parenti di primo grado colpiti. La familiarità del tumore alla prostata si intreccia con quella del tumore della mammella, poiché condividono geni come Brca1 e Brca2. Per chi ha fattori di rischio familiari l'età dei controlli scende a 45 anni".
"Le neoplasie prostatiche sono purtroppo asintomatiche - osserva l'urologo - ed è per questo che la prevenzione è la nostra arma più potente. Diverso è il caso delle prostatiti e dell'ipertrofia prostatica benigna, che si manifestano con frequenza minzionale aumentata, bruciore, risvegli notturni, senso di mancato svuotamento o dolori del pavimento pelvico. Anche in questi casi informazione ed educazione sono fondamentali".
Da tenere alta anche l'attenzione sul tumore del testicolo, che è la neoplasia più comune tra i 15 e i 50 anni. In Italia si registrano ogni anno 1.000-1.500 nuovi casi. "L'autopalpazione è un gesto semplice e fondamentale - rimarca Mirone - La sopravvivenza è del 95% e se diagnosticato in tempo la guarigione sfiora il 99%. Dobbiamo educare i ragazzi a prendersi cura di sé e coinvolgere le famiglie: non si può lasciare la salute nelle mani del 'dottor Google'". La salute, come ricorda l'Oms, "è un concetto olistico - conclude l'urologo - Una mente sana riduce lo stress e migliora la risposta immunitaria, mentre un corpo sano supporta l'equilibrio psicologico. Parlare di prevenzione maschile significa occuparsi sia del benessere fisico che di quello mentale".
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