(Adnkronos) - "Ci sono tante verità che fanno male, come scoprire che la delusione sei tu. Quella è ancora più tosta da digerire. A me è successo pure con i figli, però con lo 'schiaffo' arriva pure il beneficio. La verità è sempre liberatoria, perché le bugie sono lavatrici che ti metti sulle spalle e quando dici la verità non senti più quel peso. Oggi non mento più, sono molto serio con me stesso sulla verità. Per esempio, se la Roma gioca male, lo dico". A parlare è Claudio Amendola, ospite del nuovo episodio del vodcast dell'Adnkronos, disponibile in versione integrale sul sito www.adnkronos.com e sul canale YouTube dell'Adnkronos. L'attore è il protagonista del film 'Fuori la verità' (nelle sale con PiperFilm) di Davide Minnella, anche lui ospite del vodcast. Al centro della pellicola, la famiglia Moretti che accetta di partecipare a un game show televisivo in cui le domande non riguardano la cultura generale, ma la vita privata. In palio, un milione di euro. A condurre il gioco, una modernissima macchina della verità che obbliga i concorrenti a confrontarsi con le proprie bugie. "Volevo raccontare come la verità, quando viene esibita, possa diventare spettacolo, merce. Ho lavorato per anni in televisione e mi sono chiesto: fino a dove siamo disposti a spingerci pur di essere visti?".
Il film diventa anche un pretesto per riflettere sulla società dell’immagine. "Oggi la verità è diventata intrattenimento - osserva Minnella - pur di avere un like, pur di avere un commento sui social oppure l'ingaggio per un lavoro, tu sei disposto a dire qualunque cosa. E su questo bisogna fare una riflessione". Amendola, che ammette di non avere profili social, aggiunge: "Sui social vale tutto e il contrario di tutto. E per chi è fragile può essere pericoloso. Io ho scelto di restarne fuori, e non me ne pento". Il 'cuore' del film resta però la famiglia: "'Fuori la verità' mostra come il silenzio logora i legami. I Moretti sono genitori e figli che non si parlano più, e solo quando tutto esplode capiscono quanto conti il confronto", spiega Minnella. Amendola, da padre, condivide: "La fiducia non sono i figli a doversela guadagnare, ma i genitori a doverla meritare. Ho sempre cercato di essere onesto con i miei, li ho messi davanti ai miei errori. Non mi sono mai nascosto e non mi sono mai mostrato un superuomo. Ma, al contrario, ho sempre raccontato la mia fallibilità".
Nell'intervista, Minnella e Amendola riflettono sul 'dietro le quinte' della produzione cinematografica: "Negli ultimi anni si è prodotto tantissimo, anche cose che forse non avevano senso di essere prodotte. Il punto non è solo portare i film sul set, ma aiutarli dopo. Il cinema va protetto, i film vanno sostenuti e mantenuti nelle sale. È un lavoro complesso che richiede cura e attenzione", osserva Minnella. Mentre l'attore sposta il discorso sul sistema del tax credit: "Quando si parla di soldi pubblici, bisogna ricordare che non si tratta di denaro 'dalle tasche degli italiani'. Il tax credit è un meccanismo che genera ritorno economico. Si fa passare l'immagine che un produttore esce dal ministero con una borsa di soldi, ma non è così". Sul ruolo che sta aspettando, Amendola non ha dubbi: "Mi piacerebbe da morire interpretare uno sceriffo in un western". E non rifiuterebbe la proposta di essere sindaco di Roma per un giorno se dovessero chiederglielo: "Sì, mi piacerebbe. L'ha fatto pure Sordi (e il 17 novembre lo farà Verdone, ndr). Tra una decina d'anni, nel caso in cui io me lo meritassi, sarebbe un grande onore". Da sindaco per un giorno "partirei dai romani, cercherei di rimettergli dentro quel senso di appartenenza e di amore verso questa città. Non basta essere romani, ma dobbiamo volerle bene e rispettarla". E poi "un altro problema è l'edilizia popolare", conclude. (di Lucrezia Leombruni e Loredana Errico)
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