(Adnkronos) - Attore dalla carriera lunga oltre sei decenni, dallo sguardo tagliente e dalla presenza scenica magnetica, Terence Stamp, una delle figure più enigmatiche, intense e anticonformiste del cinema britannico e internazionale, è morto all'età di 87 anni, come ha annunciato la sua famiglia. Stamp è stato molto più di un interprete di talento: è stato un simbolo, una presenza fuori dal tempo, capace di attraversare mode, generi e continenti senza mai perdere la sua cifra stilistica personale. Con la sua scomparsa si chiude un'epoca: quella di un cinema europeo e mondiale che cercava negli attori non solo interpreti, ma portatori di un'aura, di un mistero, di un'idea. La sua filmografia di 97 titoli è segnata da continui ritorni e da sperimentazioni. Collaborò con registi del calibro di William Wyler, Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini, Nelo Risi, Giuseppe Patroni Griffi, Steven Soderbergh, George Lucas, Oliver Stone, Joan Schlesinger, Ken Loach, Stephen Frears.
Nato a Stepney, quartiere popolare dell'East End londinese, il 22 luglio 1938, Terence Henry Stamp era il primogenito di una famiglia modesta. Figlio di un marinaio mercantile spesso lontano da casa, cresciuto tra donne - la madre, la nonna, le zie - sviluppò fin da giovane una sensibilità fuori dal comune, affilata come un bisturi. Era un ragazzo bello, inquieto, coltissimo, appassionato di cinema e teatro, destinato - sembrava - a rimanere ai margini. Ma fu la Webber Douglas Academy of Dramatic Art di Londra a cambiarne il destino: lì, dove apprese i rudimenti del mestiere, cominciò a formarsi il futuro attore capace di portare sullo schermo una recitazione distante dal metodo americano e più vicina a un'espressività europea, fredda, lucida, quasi brechtiana.
Il debutto nel cinema fu immediato e straordinario. "Billy Budd" (1962) di Peter Ustinov lo impose all'attenzione del mondo come uno dei volti più promettenti della sua generazione: il marinaio puro, giustiziato ingiustamente, fu interpretato da Stamp con una forza tragica che gli valse una nomination all'Oscar e il Golden Globe come miglior attore debuttante. Da lì, un'ascesa travolgente: accanto a Simone Signoret e Laurence Olivier in "L'anno crudele" (1962), e poi nel ruolo che gli diede consacrazione definitiva, Freddie Clegg, il maniaco solitario di "Il collezionista" (1965) di William Wyler, che gli fece vincere la Palma d'Oro come miglior attore a Cannes. Stamp, con quegli occhi glaciali, fece di un personaggio disturbante un emblema dell'alienazione moderna.
Negli anni successivi, Stamp incarnò la trasformazione culturale e sessuale dell'Europa. Fu il dandy postmoderno in "Modesty Blaise - La bellissima che uccide" (1966) di Joseph Losey, accanto a Monica Vitti, l'angelo distruttore di famiglie borghesi in "Teorema" (1968) di Pier Paolo Pasolini, e il maledetto attore alcolizzato in "Toby Dammit", episodio diretto da Federico Fellini in "Tre passi nel delirio" (1968), film collettivo del 1968, suddiviso ispirato a racconti di Edgar Allan Poe e diretto anche da Louis Malle e Roger Vadim.
In Italia, dove vive alcuni anni, Stamp trovò terreno fertile per la sua sensibilità: il suo corpo, la sua bellezza, la sua androgina ambiguità vennero usati come strumenti di rottura sociale e simbolica, specchi di un tempo in fermento. Nel "Teorema" pasoliniano accanto a Silvana Mangano, la sua muta presenza, fatta di sguardi e gesti, scardinò l'ordine borghese meglio di mille monologhi. Alla fine degli anni Sessanta, quando sembrava destinato a una carriera inarrestabile, Stamp diradò la sua presenza sulle scene, intervallata da alcuni lavori come "Una stagione all'inferno" (1971) di Nelo Risi e "Divina creatura" (1975) di Giuseppe Patroni Griffi. Nel corso della sua carriera, perse il ruolo di James Bond contro Sean Connery e fu sostituito nel ruolo principale di "Blow-Up" di Michelangelo Antonioni da David Hemmings.
Una lunga pausa mistica lo portò in India, lontano dai riflettori e dalle produzioni hollywoodiane, in un viaggio esistenziale che rafforzò la sua immagine di artista solitario e refrattario alle regole del sistema. Il ritorno avvenne sul grande schermo nel 1978, nei panni del malvagio criptoniano Generale Zod in "Superman" di Richard Donner. Il suo "Kneel before Zod!" divenne una delle frasi cult della cultura pop. Ha recitato anche in "Superman II" (1980). Ma nonostante il successo del film, Stamp rimase un attore di culto, fuori dalle logiche del grande business: "Vendetta" (1984) di Stephen Frears; "Pericolosamente insieme" (1986) di Ivan Reitman; "Il Siciliano" (1987) di Michael Cimino e, nello stesso anno, anche "Wall Street" di Oliver Stone.
Il film "Beltenebros" (1991), in cui Stamp recita per la regia di Pilar Mirò, vince l'Orso d'Argento al Festival di Berlino. Alla fine degli anni '80, complice anche una delusione amorosa, Stamp si concede un lungo periodo di riposo dal cinema e si dedica alla scrittura: pubblica tre libri di memorie, un romanzo e più tardi un libro di cucina. La vera resurrezione artistica di Stamp arrivò negli anni Novanta. Nel 1994, a 56 anni, fu protagonista di una delle sue prove più celebrate: Bernadette, cantante transessuale in "Priscilla - La regina del deserto" di Stephan Elliott. Il ruolo di drag queen, delicato, ironico, malinconico, fu accolto con entusiasmo da critica e pubblico e gli valse una candidatura al Golden Globe e ai Bafta.
In quegli anni, Terence Stamp diventa un comprimario di lusso, prestando il suo volto e la sua voce a ruoli memorabili: fu Finis Valorum in "Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma" (1999) di George Lucas, un truffatore dolente in "L'inglese" (1998) di Steven Soderbergh, maggiordomo gotico in "La casa dei fantasmi" (2003), mentore cieco in "Elektra" (2005), e anziano rivoluzionario in "Wanted - Scegli il tuo destino" e "Operazione Valchiria", coprotagonista con Tom Cruise, entrambi del 2008. E' apparso anche in "Bowfinger" (1999) di Frank Oz con Steve Martin e Eddie Murphy; "Full Frontal" (2002) con Julia Roberts e in tv in "Smallville" nel ruolo di Jor-El. Ha poi recitato in "I guardiani del destino" (2010), una pellicola tratta da un breve racconto di Philip K. Dick, assieme a Matt Damon ed Emily Blunt. Nel 2012 è protagonista della commedia "Una canzone per Marion", in cui interpreta il burbero settantenne Arthur che grazie all'esperienza del canto è costretto a fare i conti con se stesso, riuscendo infine a superare i suoi limiti. L'anno successivo è, invece, nel cast di "The Art of the Steal - L'arte del furto" (2013) che racconta le vicende di un gruppo di ladri intenti a rubare uno dei libri più famosi al mondo. Tra il 2014 e il 2016 recita con il regista Tim Burton in "Big Eyes" e "Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali". Successivamente interpreta "Raccolto amaro" di George Mendeluk e "Mistero a Crooked House" di Gilles Paquet-Brenner (2017), "Viking Destiny" di David L.G. Hughes (2018), "Murder Mystery" di Kyle Newacheck (2019) e "Ultima notte a Soho" di Edgar Wright (2021).
Nella vita privata Stamp aveva fama di playboy e ha conquistato attrici come Brigitte Bardot e Julie Christie (con la quale recitò in "Via dalla pazza folla" nel 1967 diretta da John Schlesinger) e modelle come Jean Shrimpton. Aveva fatto la corte a Silvana Mangano e si era sposato nel 2002 con Elizabeth O'Rourke ma il matrimonio ebbe vita breve, divorziando nel 2008. (di Paolo Martini)
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