(Adnkronos) - "E' assolutamente necessario ampliare la fascia di screening per poter raggiungere gli obiettivi" dell'Organizzazione mondiale della sanità "dell'eliminazione delle epatiti virali, in particolare la C, per il 2030, traguardo difficilmente raggiungibile dalla nostra nazione, ma è sicuramente importante far emergere il sommerso per poter trattare adeguatamente tutte le persone". Lo afferma Stefano Fagiuoli, direttore dell'Uoc di Gastroenterologia, epatologia e trapiantologia dell'Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo e professore di Gastroenterologia presso il Dipartimento di Medicina e chirurgia dell'Università Milano Bicocca, in occasione della Giornata mondiale delle epatiti che si celebra il 28 luglio.
"L'Italia - spiega Fagiuoli - è stata tra i primi Paesi al mondo ad avviare un formale progetto di screening" per l'Hcv "finanziato dal ministero. Il progetto prevedeva fondamentalmente due grandi categorie: i pazienti afferenti ai Serd", Servizi per le dipendenze, "e alle carceri - per i quali non c'è limite di età - e la popolazione generale nata dal 1969 al 1989, in fase iniziale. Mentre nei Serd e nelle carceri le prevalenze sono sostanzialmente adeguate all'atteso, quindi importanti per un controllo dell'infezione, nella popolazione generale le prevalenze che emergono da queste attività di screening mostrano dei dati molto più bassi rispetto all'atteso, inferiore allo 0,08% in molti casi. Certamente questo ci dà la grande indicazione di ampliare lo screening".
Per l'esperto "è evidente che, nella popolazione generale, resta rilevante far emergere il sommerso, non solo per un aspetto epidemiologico di identificazione delle epatiti e di riduzione della trasmissibilità - che è comunque un aspetto importante - ma perché i dati ci dimostrano che il 25-28% dei nuovi casi si presentano, generalmente, con malattia già avanzata, con fibrosi o addirittura cirrosi, e quindi con una chiara indicazione al trattamento. Dal momento che abbiamo dei farmaci assolutamente potenti, che permettono di curare oltre il 98% dei casi - ricorda Fagiuoli - identificare i soggetti", inserirli nel "sistema, è una politica sociale sanitaria assolutamente rilevante e necessaria per ridurre il carico generale dell'infezione, ma soprattutto delle morti correlate all'infezione" da Hcv. Questo "vuol dire - conclude lo specialista - un grandissimo risparmio, in prospettiva, in costi sanitari. Anche per questo è assolutamente importante procedere con l'ottimizzazione dello screening".
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