(Adnkronos) - "Oggi abbiamo a disposizione numerosi farmaci dotati di diversi meccanismi d'azione volti a non solo al controllo dei sintomi, ma anche proprio a un controllo profondo del processo infiammatorio ed evitare quelle che sono tutte le complicanze a lungo termine". Lo ha spiegato Massimo Fantini, professore ordinario di Gastroenterologia Università di Cagliari e direttore Unità di Gastroenterologia Azienda ospedaliera-Università di Cagliari, all'evento Free2Choose, promosso da AbbVie a Roma, dedicato alla gestione delle malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici, Ibd, in inglese).
Le Mici, illustra Fantini, sono caratterizzate "da un processo infiammatorio cronico che non solo è responsabile dei sintomi - il dolore addominale che il paziente prova e l'aumento del numero di evacuazioni di feci liquide, a volte anche con sangue - ma anche, se non controllate adeguatamente, di un progressivo accumulo di danno d'organo che porta a una progressiva alterazione di quella che è l'anatomia e a numerose complicanze, alcune delle quali devono e richiedono l'intervento del chirurgo. Una delle più grosse rivoluzioni, a cui abbiamo assistito negli ultimi vent'anni, è nel cambiamento di approccio, con il concentrare la terapia non solo sul controllo dei sintomi, quindi mirata soltanto a togliere quello che poteva essere la manifestazione clinica della malattia, ma anche a identificare dei target diversi, più profondi di controllo di malattia - per esempio la guarigione mucosale - come target necessari per evitare che questo progressivo danno d'organo si accumuli, e in ultima analisi per cambiare quella che è la storia naturale della malattia".
Aggiunge Ambrogio Orlando, direttore Unità semplice dipartimentale Malattie infiammatorie croniche intestinali degli ospedali riuniti Villa Sofia Cervello di Palermo: "Negli ultimi 10 anni le strategie terapeutiche e l'avvento dei nuovi farmaci biotecnologici e piccole molecole hanno rivoluzionato non solo l'efficacia del trattamento di queste malattie, ma hanno modificato anche l'approccio del management delle malattie. Siccome questi farmaci hanno un'efficacia importante nel modificare il decorso clinico delle malattie - chiarisce - siamo obbligati a verificare l'efficacia di questi farmaci in un tempo minore rispetto a quello che facevamo prima, quando non avevamo farmaci così impattanti sul decorso della malattia".
Attualmente, continua Orlando, "già dopo 6-8 mesi dall'inizio di questi trattamenti - penso per esempio alle nuove molecole anti-interleuchina 12-23, anti-interleuchina 23 e anti-Jak che hanno veramente rivoluzionato il management di queste malattie, dopo tanti anni in cui abbiamo avuto a che fare sostanzialmente con una sola classe di farmaci, gli anti-Tnf alfa - noi dobbiamo verificare qual è lo stato della malattia non solo dal punto di vista clinico, ma anche degli esami diagnostici come per esempio l'endoscopia, per quanto riguarda sia la colite ulcerosa sia la malattia di Crohn, e degli esami radiologici come l'enterorisonanza o l'ecografia, che è un esame poco invasivo e a basso costo".
In questo modo, "in un tempo così precoce rispetto a quello che facevamo prima - osserva l'esperto - noi siamo in grado di capire e predire quale sarà poi l'efficacia 'long term' di questi farmaci. Gli studi hanno dimostrato, infatti, che una verifica dell'efficacia in un tempo intermedio, e qualche volta anche precoce, predice una risposta a lungo termine. Questi esami spesso sono invasivi come l'endoscopia o sono costosi come l'enterorisonanza, però, con l'avvento di tecniche diagnostiche a basso costo come appunto l'ecografia - sottolinea - siamo in grado già di capire se quel trattamento avrà una risposta a lungo termine. Nei casi dubbi, è chiaro, dobbiamo eseguire esami magari più invasivi come l'endoscopia per verificare che effettivamente vi sia stata quella risposta che noi ci aspettavamo".
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