Dazi, Draghi: "Serve accordo con Usa, ma nulla tornerà come prima"
14/05/2025

(Adnkronos) - Serve un accordo con gli Usa sulla questione dazi, ma in ogni caso "nulla tornerà come prima". Ne è convinto l'ex presidente della Bce, Mario Draghi. Parlando al XVIII Cotec in corso a Coimbra, in Portogallo, ha sottolineato come "il vasto ricorso ad azioni unilaterali per risolvere le controversie commerciali e la definitiva privazione del diritto di voto dell'Organizzazione mondiale del Commercio hanno minato l'ordine multilaterale in un modo difficilmente reversibile. E queste recenti azioni dell'amministrazione Usa nel campo commerciale "colpiranno sicuramente l'economia europea. E anche se le tensioni commerciali si attenuassero, è probabile che l'incertezza persista e agisca da ostacolo agli investimenti nel settore manifatturiero dell'Ue".  

Quasi un quinto del nostro valore aggiunto totale, sottolinea, "proviene dalle esportazioni, il doppio rispetto agli Stati Uniti. Oltre 30 milioni di posti di lavoro sono sostenuti dalle esportazioni, pari a circa il 15% dell'occupazione. Inoltre, registriamo un ampio avanzo delle partite correnti di circa il 3% ogni anno, il che implica che, in termini netti, assorbiamo domanda dal resto del mondo". 

Questa apertura, osserva Draghi, "aumenta notevolmente l'esposizione della nostra crescita e occupazione alle azioni politiche dei nostri partner commerciali e ai cicli politici che hanno origine al di fuori dell'Europa. E la nostra principale esposizione è verso gli Stati Uniti". 

L'Ue è esposta "direttamente, poiché gli Stati Uniti sono il nostro principale mercato di esportazione, con oltre il 20% delle nostre esportazioni di beni che attraversano l'Atlantico. E siamo esposti indirettamente, poiché gli Stati Uniti sono la principale fonte di domanda per i nostri partner commerciali".  

Questo vuol dire, conclude, che "se la domanda statunitense vacilla, anche le importazioni dei nostri partner dall'Europa vacilleranno. L'analisi della Bce mostra che, in caso di uno shock al Pil statunitense, questi effetti indiretti sull'area dell'euro superano di fatto quelli diretti".  

economia
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